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LA RESPONSABILITÀ TRA ETICA E NORMA: OSSERVAZIONI DAL PUNTO DI VISTA GIURIDICO/2

A proposito della “responsabilità” ai tempi del Covid-19 (seconda parte)

Nella prima parte di questa riflessione si è parlato di etica della responsabilità e diritto nel contesto della pandemia, mettendo in luce rapporti significativi tra tale etica, in quanto fatta propria dal pubblico potere, e la previsione di ipotesi di responsabilità in senso giuridico.
È ravvisabile però nel contesto della pandemia anche una diversa relazione tra etica e diritto nel segno della responsabilità, meno evidente forse in quanto meno segnata dall’uso del termine “responsabilità” ma certo non meno rilevante.

Una stagione di eroi

Emergendo ancora una volta l’analogia con i tempi di guerra, come nel caso dell’etica indicata al popolo dal pubblico potere di cui si è detto nella prima parte di questa riflessione, l’epidemia ha visto non solo i mass media ma anche le istituzioni pubbliche proporre incessantemente figure di eroi. Singoli eroi, per lo più operatori sanitari, ma anche intere categorie: si pensi a come sono stati in generale presentati gli infermieri in prima linea nei reparti di terapia intensiva.

Tratto comune degli “eroi” è stato anzitutto quello, frequente in generale nei riferimenti all’eroismo, dell’andare oltre gli obblighi legali sentendosi “responsabili”. Se, da un lato, come sempre accade nelle crisi, il tempo della pandemia ha messo drammaticamente in evidenza la presenza di persone inclini a non fare il proprio dovere da un punto di vista giuridico o a farlo con inettitudine, e su diversi episodi sono aperte indagini, dall’altro, e anche questo per fortuna sempre accade nelle crisi, il tempo della pandemia ha dato spazio a quanti nei momenti difficili danno invece tutto al di là di ogni obbligo: se, per esempio, il collega che avrebbe dovuto sostituirli nel turno ha preferito assentarsi per “paura” del contagio, loro sono quelli che allora restano, al di là di ogni limite orario, perchè i malati li aspettano e loro si sentono, al di là di ogni obbligo giuridico, “responsabili”.

Accanto a quello dell’andare al di là di quanto legalmente dovuto, un altro tratto caratterizzante gli eroi della pandemia è stato quello, anch’esso di regola presente nei casi in cui si parla di eroismo, di un agire fondamentalmente gratuito. L’infermiere o il ricercatore o anche l’insegnante sono andati al di là dei loro obblighi sentendosi comunque responsabili senza contare su un corrispettivo e anzi spesso sapendo che probabilmente non avrebbero avuto nulla o quasi in cambio per esempio perché collocati in professioni senza sviluppo di carriera o nelle quali, come spesso accade, lo sviluppo di carriera dipende da fattori slegati dall’eroismo.

Diritto e responsabilità al di là dell’obbligo

Di per sé, un simile agire “responsabile” in quanto slegato dalla logica dell’obbligo così come da quella del corrispettivo si pone di regola al di là del diritto, in una dimensione che appare puramente etica.

Però, come sopra accennato, anche le istituzioni pubbliche hanno parlato in termini di esemplarità e con insistenza a questo proposito di eroi e di eroismo e, si noti, non tanto riferendosi a pochi casi straordinari ma a comportamenti relativamente diffusi e anche per questo rivelatisi essenziali nel fronteggiamento dell’emergenza. E in effetti, se proviamo anche solo per qualche istante a immaginare che cosa sarebbe accaduto se tutti i medici, gli infermieri, gli insegnanti, i coniugi ecc. si fossero limitati a fare il dovuto o il “remunerato” nei confronti di chi – malati, allievi, mariti o mogli in quarantena ecc. – era affidato alla loro responsabilità vediamo subito davanti ai nostri occhi delinearsi uno scenario con molte, troppe sofferenze e anche morti in più rispetto a quelle che comunque l’epidemia ha comportato. In questo senso, intendendo però l’eroismo come qui lo si intende, riprendendo la celebre battuta che Brecht mette in bocca a Galileo – sventurata quella terra che ha bisogno di eroi – potremmo dire che il nostro mondo si scopre, sempre, di fronte alle difficoltà, “sventurato” in quanto bisognoso appunto di eroi.

E allora ci si può chiedere come questa rilevanza dell’eroismo diffuso, col conseguente interesse del pubblico potere, si sia tradotta o potrebbe tradursi, e non solo nel tempo dell’epidemia, un po’ come nel caso del rapporto tra etica e responsabilità in senso giuridico considerato nella prima parte di questa riflessione, nell’impiego del diritto, tipico strumento del potere, per avere “più eroismo” o, detto altrimenti, un più diffuso e maggiore impegno per gli altri legato a un senso di responsabilità tale da portare a un agire al di là degli obblighi giuridici e fondamentalmente gratuito.

A riguardo va anzitutto osservato che per definizione in questo caso non si può ragionare – come si è fatto invece nella prima parte di questa riflessione – nei termini di una responsabilità in senso giuridico in qualche modo corrispondente all’etica della responsabilità assunta dal pubblico potere, perché la prima si lega all’obbligo in termini di sanzione. No, a questo livello dobbiamo pensare alla possibilità per il diritto di favorire un’etica della responsabilità senza prevedere una qualche responsabilità nel suo ambito ma con altri strumenti.

Il diritto come creazione di opportunità per un agire responsabile

A ben vedere, da tempo si pone, e si porrà anche negli anni a venire, tanto più quanto più saranno, com’è prevedibile, segnati da bisogni drammatici cui né il pubblico né il mercato potranno rispondere compiutamente, il tema generale di avere un diritto nel miglior modo capace di favorire, promuovere un agire responsabile al di là dell’obbligo e della remunerazione; l’epidemia l’ha solo messo drammaticamente in evidenza. La stessa riflessione sul Welfare responsabile propone con forza tale tema.

Ma come può agire a tal fine il diritto? Nel contesto dell’epidemia sono emerse soluzioni ad hoc con rilevanti analogie, ancora una volta, con quanto ordinariamente sperimentato nei tempi di guerra: sul piano simbolico, ma siamo per così dire ai limiti della rilevanza giuridica, si è visto una massiccio ricorso a onorificenze e più in generale a cerimonie nel segno dell’elogio e del ringraziamento; sul piano più direttamente operativo, sono state adottate soprattutto misure di chiamata di volontari, in particolare quella che ha portato a reperire molti operatori sanitari disponibili a lavorare nelle regioni più duramente colpite dalla Covid-19.

Considerando quest’ultima, va notato che come le cronache hanno messo in evidenza la risposta da parte degli operatori sanitari ha superato la domanda d’aiuto da parte delle istituzioni. Ciò conferma che, per così dire, le risorse ci sono. E questo, si noti, non è vero solo per le situazioni di emergenza: anche i bandi del servizio civile universale per esempio hanno sempre avuto successo.

L’impressione in generale è che però tali risorse restino in parte inutilizzate, che in altri termini il potenziale sia sfruttato solo in parte. In particolare, il diritto favorisce, promuove ma possiamo chiederci se non potrebbe farlo in modo migliore.

Andare al di là di una disciplina delle organizzazioni private

Se, da questo punto di vista, staccando per un momento l’attenzione dall’esperienza dell’epidemia, consideriamo l’evolversi della legislazione nazionale in questi ultimi anni, vediamo uno scenario nel quale, dal decreto del 1997 istitutivo delle ONLUS fino al Codice del Terzo settore, l’attenzione è stata quasi interamente concentrata sul tema della ridefinizione dei tipi legali di riferimento per quegli enti privati chiamati ad accogliere, “organizzare” in buona misura le risorse derivanti da personali assunzioni di responsabilità al di là dell’obbligo e del guadagno in relazione anzitutto alla previsione di vantaggi fiscali per le organizzazioni stesse.

Ma l’esperienza della Covid-19 ha mostrato bene che quello che conta sono anzitutto le possibilità concretamente date per un agire responsabile al di là dell’obbligo e della remunerazione, possibilità che vengono prima di quelle organizzazioni private che sono eventualmente strumenti per concretizzarle.  Ebbene, da questo punto di vista negli ultimi anni la legislazione nazionale è apparsa statica come se la disciplina, e in particolare la disciplina di quei rapporti che consentono alle persone responsabili al di là dell’obbligo e del guadagno di lavorare col pubblico potere per il bene comune non avesse bisogni di interventi.

Ma è davvero così? Nella terza parte di questa riflessione sulla responsabilità tra etica e norma ci si soffermerà su tale tema.

Photo by Kutan Ural on Unsplash

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