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DOPO IL COVID-19: UNA RIFLESSIONE A PARTIRE DALL’ESPERIENZA BRESCIANA

Mario Taccolini, membro dell’Advisory Board della rete Welfare responsabile e Past President della Congrega della Carità Apostolica di Brescia, è professore ordinario di Storia economica e Prorettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. In questo breve contributo, Taccolini propone, con un linguaggio non accademico, una riflessione su come la città lombarda ha affrontato la ricostruzione del suo tessuto sociale dopo l’emergenza covid-19. Responsabilità, innovazione istituzionale, dialogo, cultura e relazione: queste le parole chiave per ripartire.

 Di Mario Taccolini

Nel tempo in cui il luogo diventa nodo, in cui le radici diventano àncore, in cui lo spazio diventa punto, in cui le città si dilatano verso i territori che le assorbono, in cui covid da pandemia (morte) si sta trasformando in cultura (vita), Brescia ha qualcosa da raccontare soprattutto in termini di relazionalità.

Le forti sollecitazioni che stanno trasformando il rapporto tra tempo e spazio generano una nuova velocità del quotidiano che tutti ci investe, un quotidiano nel quale costruiamo il nostro sistema di relazioni che coinvolge non solo noi ma anche gli altri e lo spazio che ci circonda.

  “Il patto sociale che ha garantito la ripartenza dopo il lockdown covid della primavera 2020 è stato preceduto da analoghe esperienze nell’immediato secondo dopoguerra, come sul finire dei difficilissimi anni Settanta. Imprese, sindacati, amministrazioni locali hanno dialogato”.

Ma le relazioni vengono da lontano, hanno attraversato altre fasi di trasformazione, non così repentine forse, e non così radicali, ma pur sempre – in alcuni casi – travolgenti e di difficile assorbimento. Si pensi anche solamente al XX secolo: industrializzazione, democratizzazione, secolarizzazione hanno sfidato la tenuta sociale di una terra investita pienamente da questi fenomeni paralleli.

A queste situazioni Brescia ha saputo corrispondere con scelte strategiche talvolta graduali e talvolta repentine, ma sempre condivise e partecipate, fortemente volute, intensamente sentite, individuando alcune priorità che hanno dato una particolare intonazione al modello di sviluppo locale, in realtà sempre aperto alla contaminazione relazionale, capace di evitare soprattutto il rischio delle polarizzazioni sociali e dell’antagonismo.

Stando solo all’età contemporanea, è possibile individuare alcune di queste scelte, semplicemente accennandovi.

In primo luogo, è possibile riconoscere una predisposizione alla assunzione di responsabilità di fronte allo sviluppo economico moderno e alle sue contraddittorie esigenze: il Patto sociale che ha garantito la ripartenza dopo il lockdown covid della primavera 2020 è stato preceduto da analoghe esperienze, diversamente formalizzate, nell’immediato secondo dopoguerra, come sul finire dei difficilissimi anni Settanta. Imprese, sindacati, amministrazioni locali hanno dialogato per evitare situazioni di degenerazione sociale e democratica, costruendo il futuro. Non si dimentichi mai che Brescia è stata autentica culla di quella che attualmente viene definita finanza geocircolare, per cui ancora oggi, di fronte alla decapitazione delle grandi banche di matrice locale, rimane attivo e vivace il credito cooperativo con il suo irresistibile e insuperabile riferimento territoriale.

“Oggi, secondo alcuni osservatori, Brescia rappresenta un modello di distretto del welfare, con particolare riferimento ai servizi alla persona”.

In secondo luogo è stata compresa e valorizzata l’individuazione dell’Intelligenza come fattore di sviluppo: le vicende di Ebis (Ente bresciano istruzione superiore) ed Eulo (Ente universitario Lombardia orientale) rappresentano in maniera concreta lo sforzo comunitario compiuto per garantire una efficace presenza universitaria (quindi di ricerca scientifica oltre che di alta formazione) sul territorio, in una logica di consorzio fra enti e nel rispetto della libertà di educazione.

Se oggi, secondo alcuni osservatori, Brescia rappresenta un modello di distretto del welfare, con particolare riferimento ai servizi alla persona, lo è perché ha vissuto esperienze di Innovazione istituzionale condotte alla ricerca di una vera sussidiarietà. I casi storici della spedalità diffusa in provincia, della Congrega della carità apostolica e di Fondazione Poliambulanza in città, ma anche in generale della scuola paritaria diffusa sul territorio, rappresentano altrettanti modelli di trasformazione di enti promossi mantenendo fermo l’obiettivo del bene della comunità, partendo dagli ultimi.

La prospettiva in base alla quale comprendere che la Cultura è ragione del progresso ha rappresentato il motivo di fondo per la nascita di importanti case editrici (La Scuola, Queriniana, Paideia), di iniziative culturali di grande vivacità (Fondazione Civiltà Bresciana, Fondazione Micheletti, Cedoc – Centro di documentazione), di centri di studio internazionali come quello dedicato a Paolo VI, di grandi progetti per il domani di tutti come quello del Musil.

Lo sviluppo è relazione; l’intelligenza è relazione; le istituzioni sono relazione; la conoscenza è relazione.

Siamo immersi in un tempo nel quale l’ambito della sovranità viene sostituito da reti di rapporti funzionali di varia dimensione e difficile visibilità immediata; un tempo nel quale la tradizionale sovrapposizione tra territorio, comunità, mercato, leggi, che costituiva la ragione dello Stato nazione e lo tratteneva dentro le classiche frontiere storicamente definite dal conflitto, risulta fortemente ridimensionata se non superata.

Ma Brescia è per natura terra di confine, di sintesi, di capitalismo intermedio, di incontro tra componenti da assemblare in maniera originale: Brescia può affrontare questa stagione con la forza della sua storia, assumendo la logica della rete come metodo di coinvolgimento, e quella del rispetto come valore, pieno di umanesimo cristiano ancora vivo e dinamico come sempre nei momenti di decisiva e grande transizione.

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