Rispetto alla valorizzazione del Terzo settore
La differenza tra i due è innanzitutto storico-cronologica: il Terzo settore è una categoria che si è affermata negli anni Settanta del XX secolo, mentre il welfare responsabile è una categoria di nostro conio che riteniamo appropriata per progettare il welfare contemporaneo.
In estrema sintesi, il Terzo settore si presenta come un’istituzione della società civile con compiti di care, che intende superare le unilateralità e i difetti storici delle due istituzioni del capitalismo moderno: Stato e mercato.
Per contro, il welfare responsabile ha una qualità comunitaria piuttosto che istituzionale, si inscrive in uno spazio sociale policentrico, in cui una forma di realtà comunitaria persegue la mobilitazione delle potenzialità di molteplici soggetti singoli e collettivi, in vista dell’incremento del benessere e della qualità della vita.
Rispetto al Welfare mix
La prospettiva del welfare mix ha un ruolo storicamente rilevante come proposta per uscire dalla crisi dei sistemi tradizionali.
Esso definisce un sistema che, abbandonando il modello tradizionale di Welfare State in cui lo Stato è insieme finanziatore/produttore e fornitore/gestore di servizi, propone un modello più partecipato che non solo include altri attori (mercato e privato sociale/Terzo Settore), ma implica anche una delega da parte dello Stato di alcune sue funzioni ad altri organismi.
Esso consiste nel perfezionamento di una logica combinatoria/di coordinamento fra Stato, mercato e Terzo settore nella produzione di servizi garantendo la risposta a bisogni che lo Stato da solo non è in grado di soddisfare. La prospettiva del welfare responsabile tiene debitamente conto di questo approccio integrandolo con l’idea che ognuno dei principali attori del welfare debba ripensare il proprio ruolo: sono da ritenersi legittimamente coinvolti nel sistema, senza che al pubblico sia necessariamente e aprioristicamente attribuita la responsabilità esclusiva, oppure che le risorse del welfare siano prevalentemente pubbliche. Tutti gli attori sociali sono chiamati a condividere la responsabilità e non c’è un attore preminente: ogni soggetto è portatore di istanze e di caratteristiche differenti che devono trovare una sintesi proficua e operativa per risolvere dei problemi particolari emersi nella concretezza di un contesto di intervento.
Rispetto al Secondo welfare
Con Secondo welfare si fa riferimento a una proposta originale emersa anche a partire da alcuni interventi giornalistici che hanno avuto vasta eco e si è concretizzata anche in una ampia rassegna di esperienze significative di innovazione sociale sul territorio nazionale.
In questi contributi si sottolinea come per riformare il sistema di welfare italiano sia necessario aumentare le risorse di fonte privata anche provenienti dal settore for profit e dalle aziende, anche alla luce della constatazione che il nostro Paese ha finora scarsamente sviluppato, rispetto ad altri Paesi, il cosiddetto “terziario sociale”, cioè l’occupazione nel settore terziario legato ai servizi alla persona. Da questo punto di vista, a nuovi investimenti nel welfare corrisponderebbe anche un contributo all’uscita dalla crisi economica del nostro Paese.
Il welfare responsabile prende spunto da esperienze di innovazione sul nostro territorio, ma prevede non tanto l’affiancamento di un “secondo” welfare al primo, cioè quello statale, destinando a quest’ultimo magari un ruolo residuale. Nella nostra prospettiva è piuttosto necessario che anche il “primo” debba essere oggetto di un profondo ripensamento. L’articolazione fra tutti questi soggetti sociali deve condurre a una nuova negoziazione nella quale ogni attore porta un suo contributo specifico e si mette in gioco, senza alcuna logica gerarchica ma seguendo un modello di governance reticolare.