Il welfare sociale, l’insieme degli interventi rivolti per lo più ad anziani non autosufficienti, persone con disabilità, famiglie in povertà e prima infanzia, si trova oggi a convivere con costanti punti di criticità. Ne è un esempio il fatto che le politiche sociali e il welfare sono sempre più pensati come un costo da rendere compatibile con i tassi di crescita dell’economia, non certo come una forma di investimento. Diventa fondamentale quindi chiedersi se possiamo trovare delle linee guida per il cambiamento del sistema. È possibile intervenire sugli assetti istituzionali e organizzativi? Proponiamo in questa sede una riflessione a partire da un saggio di Riccardo Prandini (Università di Bologna) particolarmente rilevante.
La complessità dei contesti
Questa riflessione parte da una evidenza: la società globale in cui siamo immersi è sempre più complessa ma soprattutto veloce e noi, come attori sociali, siamo sempre più schiacciati sul presente. Proprio per questo il tempo ci appare come la risorsa più scarsa e preziosa. Ma, soprattutto, significa che fatichiamo a leggere questa complessità. La ragione è che questa realtà può essere letta, osservata e interpretata solo in termini “poli-contesturali”. Infatti, un contesto non è più definibile con un solo concetto e, domani, sarà diverso da come lo vediamo oggi.
In uno scenario così paradossale, quali sono le risposte possibili? Secondo Prandini occorre analizzare l’auto-regolazione di poteri sociali (non statali) che emergono a livello globale, nazionale e locale. Il tema della auto-regolazione richiama la riflessione di Gunther Teubner sulle forme di “costituzionalizzazione civile”. Consideriamo alcuni esempi per provare a decodificare questi concetti.
La riforma del Terzo Settore
Consideriamo la nuova riforma del Terzo Settore (L. 106/2016). Com’è noto esiste un problema di grave ritardo nell’adozione dei decreti attuativi della Legge (rimandata a fine anno 2018). Restano quindi numerosi gli aspetti della riforma che attendono ancora di essere attivati dalle nuove norme:
- l’istituzione del Registro Unico,
- la specificazione delle modalità di esercizio delle funzioni di controllo e monitoraggio sugli Enti di Terzo Settore (ETS),
- la precisazione delle diverse attività che gli enti potranno svolgere.
Ma se osserviamo questa riforma attraverso le proposte del saggio citato, è innegabile che essa può portare con sé alcuni elementi promettenti per valorizzare l’auto-regolazione del TS.
Innanzitutto l’avvio di questa riforma – in alcuni territori – ha favorito il rafforzamento del ruolo del Forum del TS. In alcune regioni come Lombardia, Veneto e Friuli Venezia-Giulia gli incontri sono stati più frequenti e hanno prodotto un contributo importante al dibattito sulla riforma (un esempio è consultabile qui: http://www.forumterzosettore.it/2018/05/08/riforma-del-terzo-settore-stato-dellarte/).
Questa riforma porterà poi a trasformazioni organizzative inedite attraverso la ricomposizione dei soggetti presenti nel TS. Sarà interessante vedere come questi attori saranno in grado di produrre forme di auto-regolazione, di autogoverno responsabile capace di guidare uno sviluppo sociale ed economico sostenibile e virtuoso.
L’alternanza scuola-lavoro
A questa sfida sono chiamati anche soggetti che non sono tipicamente di terzo settore. Proviamo a considerare un altro esempio: la cosiddetta riforma della Buona Scuola e l’esperienza di alternanza scuola-lavoro. Molte ricerche concordano sul fatto che, in Italia, il passaggio scuola-lavoro resti assai problematico. L’alternanza consiste in una metodologia didattica in cui gli studenti degli ultimi tre anni della scuola secondaria di secondo grado vivono contemporaneamente un periodo di formazione in classe e uno più pratico presso un’azienda. Questo progetto ha lo scopo di avvicinare il mondo della scuola a quello del lavoro contribuendo all’orientamento degli studenti e, allo stesso tempo, a far acquisire loro esperienze e competenze utili quando cercheranno un lavoro. Questa sperimentazione vuole cercare di colmare il gap esistente fra il mondo della scuola e delle imprese.
Oltre la standardizzazione
Le declinazioni dell’alternanza scuola-lavoro sono molteplici e specifiche in ogni territorio (Cfr. per esempio: http://www.tuttoscuola.it), ma ciò che resta costante è il ruolo del referente per l’alternanza scuola-lavoro, che è anche un insegnante. L’alternanza può prevedere più soggetti – di diversa natura – che partecipano e che coordinano una sperimentazione, ma il ruolo centrale viene svolto dal referente della sperimentazione che, oltre a essere un docente, si trova, per la prima volta, a essere un social broker che facilita i processi di interfaccia fra soggetti diversi. Deve cioè tradurre il linguaggio di due mondi così distanti come la scuola e l’impresa, coordinare soggetti che non sono abituati a relazionarsi fra loro, mediare e cercare nuovi partner per aumentare le opportunità di alternanza per gli studenti.
I professionisti sono così chiamati a creare un “equilibrio contestuale” capace di andare oltre l’erogazione standardizzata di un servizio e di creare le condizioni perché ogni attore sia capace di riflettere – insieme agli altri – sulla propria identità e sui propri compiti.
Lì dove forme di collaborazione sono sfidate quotidianamente nella loro capacità di stare in condizioni di continuo cambiamento, essi possono porsi come risorse ineguagliabili, creatori di continue possibilità, moltiplicatori di forme ibride di socialità attraverso la sistematica promozione condivisa dell’abilità degli attori di agire i propri scenari.
È chiaro che il problema successivo a cui questo aspetto rimanda è – inutile negarlo – comprendere ulteriormente come questi professionisti possano diventare davvero capaci di costruire luoghi comuni duraturi e plurali cercando di agire affinché la propria azione non sia più necessaria all’altro e le soggettività attivate siano in grado di autogovernarsi.
Per approfondire: R. Prandini (2013) “Sull’Auto-costituzionalizzazione del Terzo Settore. Quale auto-regolazione per le professioni del sociale?”, in Politiche Sociale e Servizi, 1, 59-89.