di Alberto Broli, membro dell’Advisory Board della rete Welfare Responsabile e Presidente della Congrega della Carità Apostolica di Brescia. In questo contributo, pubblicato su un volume* dedicato all’emergenza Covid-19 a Brescia, racconta come un’istituzione del territorio dedicata al sostegno dei più fragili abbia risposto all’emergenza. La condivisione con gli attori sociali più prossimi, ognuno con le sue specifiche differenze, sembra ancora una volta essere la ragione di una risposta flessibile e più adeguata, anche in tempi di “distanziamento sociale”.
L’espressione lockdown ha invaso inaspettatamente le nostre vite nel mese di marzo. I fatti sono noti. Personalmente desidero solo osservare che nel motivato sconcerto della pandemia non si è riusciti a trovare una parola italiana per dire in maniera accettabile la chiusura delle attività, l’interruzione dei contatti sociali, il confinamento al domicilio degli individui. Sono eventi straordinari che – si pensi soprattutto agli anziani – abbiamo dovuto vivere in inglese come se la malattia venuta da lontano, tra le tante cose, ci avesse improvvisamente espropriati anche della nostra lingua.
A Brescia il colpo è stato duro. Chi non si è direttamente misurato con il morbo e non lo ha visto passare tra i propri cari ha comunque subito un radicale straniamento, uno sconvolgimento delle abitudini e delle priorità che lascerà a lungo dei segni nelle persone. Le stesse organizzazioni, in cui la nostra società è articolata, hanno attraversato settimane di incertezza e di precarietà, con decisioni da prendere e situazioni nuove da affrontare per adattarsi a una realtà mutata, uno sforzo non comune che ispira sentimenti di gratitudine ma non fa venir meno il ricordo di una eccezionalità dolorosa.
È accaduto così – e vengo al mio – che la Congrega della Carità Apostolica, il più antico sodalizio caritativo bresciano, abbia serrato il portone di via Mazzini. È stata una decisione sofferta, poi imposta da ciò che tragicamente accadeva in tutto il territorio, ma era forse dai tempi dell’ultima guerra che non si vedeva sbarrare lo scalone alle persone bisognose.
In termini di cronaca, il 12 marzo è stato disposto il collocamento di tutto il personale nella condizione del “lavoro agile” (svolto dalla propria abitazione); si è cercato in tal modo di procedere in sicurezza senza penalizzazioni e senza ricorrere alla cassa integrazione. I collaboratori hanno risposto con disponibilità alle esigenze e nei limiti oggettivi della situazione abbiamo inteso garantire la continuità e il presidio delle principali funzioni dell’istituzione. Non senza fatica.
La necessità ci ha costretto a malincuore a rimodulare una tradizione di molti secoli; è bene ricordare infatti che la Congrega ha origini nel Duecento e si fonda sul contatto personale con chi si trova in difficoltà. Quando in tutta Europa rinascevano i centri urbani, anche a Brescia, con il rigenerarsi del tessuto civico, si formavano le parrocchie e con esse le iniziative di contrasto alla povertà. Toccava ai laici (i Confratelli), riuniti in compagnie, il compito di portare aiuto agli indigenti e visitare le famiglie. La Congrega è nata così: nel Cinquecento i vari consorzi caritativi cittadini si riunirono in un solo ente e da quella data non mancano documenti sul cammino di una istituzione, che ancor oggi vive e opera grazie alle donazioni ricevute da generazioni di bresciani per i concittadini meno fortunati.
Potete ben comprendere il travaglio della scelta. L’emergenza sanitaria ha fermato la nostra routine quotidiana, ma non poteva fermare la solidarietà dinnanzi al nuovo, fisiologico ed atteso incremento delle difficoltà primarie, quale conseguenza del venir meno del lavoro e del reddito per molti concittadini. Non volendo “tener fuori” chi aveva più bisogno durante il lockdown abbiamo dovuto ricorrere a modalità inedite per poter continuare a compiere il gesto più antico: dividere il mantello come San Martino.
Passato lo sbigottimento dei primi giorni, i colloqui e le segnalazioni hanno preso la via del telefono; con regolarità sono state sentite le anziane ospiti dei minialloggi in città (casa Rizzotti Scalvini, casa Bonicelli e casa Ambrosi), come pure i nuclei familiari più fragili, i volontari e i sacerdoti che più attivamente collaborano sulle situazioni di difficoltà. In questa esperienza tutti abbiamo riscoperto il valore della compagnia, il dono prezioso di un po’ di ascolto e di una conversazione.
Anche per la parte abitativa e di housing sociale non si è chiuso l’ascolto; grazie alla disponibilità di artigiani e fornitori, l’assistenza manutentiva è stata garantita nei casi gravi e improrogabili agli inquilini dei 450 “alloggi popolari” che la Congrega gestisce in città. Si sono invece rinviati tutti gli interventi non urgenti.
Sul fronte della beneficenza, funzione prima del nostro Sodalizio, sono continuate le erogazioni per dare sollievo alle fasce più deboli della popolazione. Attraverso le tecnologie che il progresso ci ha offerto, le Commissioni della Congrega e delle fondazioni amministrate hanno intensificato i propri incontri, due volte al mese al posto di una, per venire incontro alle esigenze più urgenti. Circa 100mila euro sono stati distribuiti a persone e famiglie indigenti nei mesi di marzo e aprile, superando non poche difficoltà di contatto.
Come Congrega non abbiamo ritenuto di sottoscrivere raccolte per l’emergenza sanitaria, sono state invece compiute alcune erogazioni a sostegno di realtà attive nei settori della disabilità, della salute mentale, dell’emarginazione grave e del carcere, particolarmente provate dal lockdown. Si è contribuito a offrire sostegno abitativo ai senza fissa dimora, ad arginare le preoccupazioni del progetto lavorativo per ragazzi down che trova realizzazione nel bar Ventunogrammi, a favorire la consegna di abiti e altri generi di prima necessità ai detenuti bresciani. Nello stesso ambito, si è partecipato alla realizzazione di un progetto di esecuzione penale esterna per quindici persone, nei giorni in cui in altri istituti di pena italiani si registravano disordini e rivolte. Un contributo specifico è stato riservato alle associazioni dei familiari di persone affette da sofferenza psichiatrica. Condivisione e vicinanza, soltanto in forma virtuale, si è potuta portare alle famiglie in occasione della Giornata mondiale per l’autismo (2 aprile), appuntamento ormai tradizionale che è stata celebrato con grande coinvolgimento attraverso i social media.
In tema di aiuto alle famiglie, nei giorni scorsi è maturata una collaborazione con Confagricoltura che ha raccolto risorse tra i propri associati e le ha affidate alla Congrega per indirizzarli a nuclei indigenti di Brescia e provincia. Sin qui siamo arrivati alla somma di 40mila euro che saranno spesi presso aziende agricole e spacci bresciani con l’acquisto di prodotti alimentari, in una dinamica generativa dove la beneficenza produce contemporaneamente sollievo alla povertà e sostegno al lavoro.
Tra le opere amministrate dal nostro Sodalizio, desidero ricordare che tra mille ostacoli meritoriamente l’Istituto Vittoria Razzetti onlus ha proseguito senza interruzioni il proprio servizio di accoglienza alle madri in difficoltà, mentre la Rsa gestita dalla Fondazione Pasotti Cottinelli onlus – tra le poche in Lombardia – è potuta uscire dall’emergenza senza lutti tra i propri anziani ospiti. L’impegno dimostrato in entrambe le realtà da amministratori, medici, infermieri e collaboratori è molto caro a me personalmente e a tutti i Confratelli che offrono da volontari grande aiuto alla Congrega.
Carissimi, a livello personale, vi sono altresì due ricordi tra i momenti che, oltre alle preoccupazioni, ho vissuto con più intensa emozione. Il primo è un gesto pubblico e importante: il pellegrinaggio del Vescovo nel pomeriggio del Venerdì Santo con la reliquia della Croce nella città deserta e la benedizione invocata sulla Congrega nella prima tappa in piazzetta Vescovado. Il secondo è un riguardo privato e importante: gli auguri di don Marino e la consegna alle anziane della nostra casa in vicolo San Clemente di un dolce e di un uovo di cioccolata nel giorno di Pasqua.
Lunedì 4 maggio è ripresa l’attività della sede, per un riavvio in maniera graduale e nel rispetto dei protocolli di sicurezza e senza la riapertura al pubblico. In queste prime settimane di progressiva uscita dal lockdown, stiamo raccogliendo i numerosi i bisogni che si manifestano: precarietà lavorativa, tensioni familiari, necessità di accudimento dei più piccoli, rischio di insolvenza per affitti e spese domestiche. Non tutto è già decifrabile e molti costi sociali resteranno occulti, come ad esempio la perdita sostanziale di mesi di scuola per gli allievi dei nuclei più fragili, strascichi di ordine sanitario o forme depressive importanti per adulti e anziani.
In questo scenario, cercheremo di onorare la tradizione, di sollecitare la generosità di tutti e di non far mancare ai bresciani il contributo della Congrega per una carità che non vuol conoscere lockdown e per questo si organizza da sempre in maniera affidabile.
*già pubblicato in: Francesco Puccio (a cura di), Il coraggio e la passione. Brescia e il Covid-19, Marco Serra Tarantola Editore, Brescia 2020 pp. 120-126.