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IL CONCETTO DI RESPONSABILITÀ IN PSICOLOGIA (SOCIALE)

Il dibattito interdisciplinare sul tema della responsabilità si arricchisce di un nuovo contributo, quello della psicologia. In particolare della sua declinazione sociale, grazie a questo contributo di Elena Marta, che insegna Psicologia Sociale e Psicologia di Comunità alla Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano, e Direttore del Centro di Ricerca sullo Sviluppo di Comunità e sulla Convivenza Organizzativa.

 

Molteplici sono le definizioni di responsabilità offerte dalla letteratura, ma tutte possono esser ricondotte a due aspetti centrali e comuni: la responsabilità per (la propria famiglia, lo Stato, gli amici…) e la responsabilità di fronte a (Dio, la propria coscienza, la comunità di appartenenza, la storia). La definizione più semplice di responsabilità fa riferimento alla possibilità di attribuire a una persona un’azione che è stata messa in atto, identificandola come colei che l’ha generata e attribuendole la colpa o il merito.

Responsabilità come relazione

In termini psicologici, la responsabilità è considerata un costrutto relazionale (Schulz, 1972, Zamperini 1998): la responsabilità trascende la singola persona perché fa riferimento a un orizzonte etico che include due o più persone.

Il tema della responsabilità interseca la dimensione umana a più livelli: riguarda prima di tutto i processi di pensiero e le dinamiche del mondo interno (a partire dallo sviluppo del Super Io come istanza che regola comportamenti e pensieri adeguandoli alle norme sociali), ma anche le capacità personali, gli aspetti del comportamento individuale e i fenomeni gruppali e sociali.

La responsabilità sociale è un concetto utilizzato in tutti i settori: dall’economia, alle scienze politiche, alla psicologia. Spesso, in letteratura, al termine responsabilità vengono preferiti altri due termini: imputability (imputabilità) e accountability.  Con il primo si fa riferimento alla causalità, ovvero alla possibilità di attribuire l’azione di una persona a essa stessa in quanto agente causale. Con il secondo si rimanda, invece, alla condizione di essere responsabili di fare (o omettere di fare) qualcosa e il dovere di esser preparati a spiegare le proprie azioni (Zamperini, 1998). Un sinonimo di accountable, in anglosassone, è answerable, ossia essere capaci di rispondere (delle proprie azioni). Accountability/answerability rinviano dunque al dovere e alla capacità di rispondere: questo implica la necessità che la persona deve comprendere che l’azione di cui deve render conto va collocata e compresa entro cornici normative (leggi, regole, ruoli sociali).

La dimensione personale e sociale

La responsabilità può essere declinata come responsabilità personale e responsabilità sociale. Nella definizione di responsabilità personale sono contenuti diversi nuclei semantici: responsabilità come:

  1. obbligo (impegno) derivante dalla consapevolezza di dover rispondere degli effetti delle proprie azioni;
  2. obbligo di risarcire un danno (capacità riparativa);
  3. garanzia, assicurazione, un modo di dare salvaguardia, di mettere al sicuro (protezione) (Codignola, 2000).

Intendiamo quindi la responsabilità personale come capacità di rispondere, cioè di assumere impegni, di prendersi cura e di riparare. Nonostante le dimensioni emotive appaiano precocemente nella prima infanzia e si alimentino con lo sviluppo dell’impegno scolastico nell’età scolare, è in adolescenza che la responsabilità personale ha un particolare incremento, in relazione ai processi di separazione e all’acquisizione d’autonomia, con una competenza riconosciuta socialmente con una serie di progressive attribuzioni di responsabilità dai quattordici ai diciotto anni.

La responsabilità sociale è definita come il riflesso di una preoccupazione/intenzione che si estende oltre i desideri, i bisogni o i guadagni personali (Gallay, 2006). È quindi intesa come un orientamento valoriale che motiva i comportamenti prosociali, morali e civici delle persone. Le relazioni con gli altri e un senso morale di cura e giustizia sono centrali in questa definizione di responsabilità sociale (Wray-Lake & Syvertsen, 2011).

La responsabilità sociale, un senso di dovere o obbligo di contribuire al bene comune, è un valore personale che si manifesta nelle nostre convinzioni e nel modo in cui viviamo con gli altri (Berman, 1997; Gallay, 2006; Kohlberg & Candee, 1984). In psicologia, la responsabilità sociale si sovrappone concettualmente a una serie di costrutti come lo sviluppo morale, l’empatia, l’altruismo e i valori e comportamenti prosociali. La responsabilità implica il sentirsi responsabili delle proprie decisioni e azioni, affidabili verso gli altri e autorizzati ad agire sotto il proprio controllo. In quanto tali, le persone socialmente responsabili sono agenti attivi nel loro sviluppo, motivate nell’azione da dimensioni morali e prosociali.

Pertanto, inquadrata come un valore, la responsabilità sociale offre importanti intuizioni su come le persone si vedono in relazione agli altri, dove gli “altri” possono essere anche altri sconosciuti, o aspetti relativi all’ambiente. Ci si aspetta che i valori di responsabilità sociale motivino i comportamenti di una persona nella direzione di aiutare gli altri e contribuire alla società. Per esempio, i valori che convergono nella responsabilità sociale (valori come la trascendenza e la giustizia) sono positivamente associati al servizio alla comunità (Pratt, Hunsberger, Pancer, & Alisat, 2003), ai comportamenti pro-ambientali (Verplanken & Holland, 2002) e all’attivismo politico (Mayton & Furnham, 1994). È utile notare che i comportamenti civici e la responsabilità sociale di una persona si influenzano reciprocamente: proprio come la responsabilità sociale può provocare un’azione civica, le azioni civiche possono aumentare la responsabilità sociale.

Tuttavia, è altresì importante sottolineare come i valori non sempre portino all’azione. Numerosi ostacoli impediscono alle persone di agire secondo la responsabilità sociale, come vincoli di tempo, stress legato al soddisfacimento dei propri bisogni fondamentali, norme sociali che enfatizzano la concorrenza piuttosto che la preoccupazione per gli altri o la mancanza di opportunità.

Cura e giustizia come principi morali

Accanto alle dimensioni valoriali, sono i principi morali di cura e giustizia ad avere un ruolo centrale nella costruzione di responsabilità sociale (Berman, 1997). Questi principi consentono alle persone di bilanciare la compassione per coloro che ne hanno bisogno con le preoccupazioni per l’equità e l’uguaglianza (Gilligan, 1982), una combinazione che riflette le emozioni (per es. empatia, compassione) e le cognizioni (per es. ragionamento morale e ragionamento sulla giustizia) che sono componenti della responsabilità sociale. A fondamento di questa concezione c’è la preoccupazione per gli altri e il bisogno di relazione e di appartenenza intrinseco a tutti gli uomini.

Gli esseri umani hanno infatti un bisogno fondamentale di appartenere a qualcosa “di più grande” di loro (Baumeister & Leary, 1995). Per questa stessa ragione, la responsabilità sociale è radicata nelle relazioni con gli altri, il che significa che le persone devono sentirsi connesse agli altri e vedersi come parte di un’entità più ampia affinché la loro responsabilità possa estendersi da se stessi agli altri. Questa considerazione ha portato gli psicologi di comunità a valutare la responsabilità sociale come un elemento fondamentale nella definizione stessa di senso di comunità.

Il ruolo della comunità

Attingendo al lavoro di March e Olsen (1989), Nowell e Boyd (2010) propongono una lettura del senso psicologico di comunità, in cui il senso di connessione con la comunità è radicato in un senso di responsabilità per la comunità che può esistere indipendentemente da ogni aspettativa di soddisfazione dei bisogni. Se concettualizziamo il senso di comunità nel suo senso più letterale come “la sensazione di essere parte di una comunità”, possiamo valutare il sentirsi parte di una comunità principalmente come una funzione della percezione individuale che la comunità soddisfi i propri bisogni fisiologici e psicologici. In questo modo si fatica però a comprendere quelle situazioni in cui le persone agiscono a beneficio delle loro comunità, spesso a costi considerevoli per se stessi, senza un’aspettativa di vantaggio personale, ma piuttosto per esprimere valori personali e senso di responsabilità (Knoke e Wright-Isak, 1982; March e Olsen, 1989; Perry, 2000). Da qui l’idea di un modello esplicativo del senso di comunità inteso come responsabilità. Tale concettualizzazione trae le sue radici da una diversa base teorica rispetto al modello originale del senso di comunità (McMillan e Chavis, 1986). La differenza principale si colloca nel tipo di motivazione sottostante.  March e Olsen (1989), hanno proposto due modelli generali alla base della motivazione umana: la logica delle conseguenze e la logica di appropriatezza. Il modello della responsabilità attinge dalla logica dell’appropriatezza (Hall, 1980; Meyer & Rowan, 1976; Weick, Sutcliffe e Obstfed, 2005). La premessa di base in questo modello è che le persone sviluppano valori personali, norme, ideali e convinzioni su ciò che è appropriato all’interno di un dato contesto sociale attraverso l’esposizione e il radicamento all’interno di varie istituzioni e contesti (es. famiglie, chiese, scuole, quartieri, associazioni professionali, gruppi sociali). In altre parole, l’atteggiamento e il comportamento in questo modello sono visti come guidati dall’adesione ai valori e agli standard personali che seguono ciò che è ritenuto un comportamento appropriato.

La responsabilità come indicatore della qualità dei rapporti sociali

Il senso di responsabilità allora nasce da un’interazione tra la percezione individuale della comunità e del contesto e il sistema di credenze personali (cioè, norme, convinzioni, valori, ideologie, standard di condotta) riguardo alla propria posizione e all’interno del contesto. Entrambi questi fattori sono radicati e interagiscono con il proprio background storico-sociale.

In  conclusione, possiamo affermare che la responsabilità è “un sensibile indicatore e rivelatore delle qualità e della tenuta dei rapporti interpersonali e sociali, delle funzioni e disfunzioni nei legami  e nelle interazioni fra individui, norme, ruoli e istituzioni; ed anche, nei soggetti e nelle loro relazioni, di come si caratterizzano i sentimenti di libertà e di potere personale, le valenze, i significati e la portata delle azioni, le stesse possibilità di cambiamento “ (De Leo, 1996, p. 4).

 

Riferimenti bibliografici

Baumeister, R. F., & Leary, M. R. (1995). The need to belong: Desire for interpersonal attachments as a fundamental human motivation. Psychological Bulletin, 117(3), 497–529. doi:10.1037/0033–2909.117.3.497

Berman, S. (1997). Children’s social consciousness and the development of social responsibility. Albany, NY: State University of New York Press.

DeLeo G. (1996). Psicologia della responsabilità. Roma-Bari: Laterza.

Gilligan, C. (1982). New maps of development: New visions of maturity. American Journal of Orthopsychiatry, 52(2), 199–212.

Hall, S. (1980). Cultural Studies: Two paradigms. Media, Culture and Society, 2, 57–72.

Kohlberg, L., & Candee, D. (1984). The relationship of moral judgment to moral action. In L. Kohlberg (Ed.), The psychology of moral development: The nature and validity of moral stages (Vol. 2, pp. 498–581). San Francisco, CA: Harper & Row.

Knoke, D., & Wright-Isak, C. (1982). Individual motives and organizational incentive systems.

Research in the Sociology of Organizations, 1, 209–254.

March, J., & Olsen, P. (1989). Rediscovering Institutions: The Organizational Basis of Politics.

New York: Free Press.

Mayton, D. M., II, & Furnham, A. (1994). Value underpinnings of antinuclear political activism: A cross-national study. Journal of Social Issues, 50, 117–128.

McMillan, D.W., & Chavis, D.M. (1986). Sense of community: A definition and theory. Journal of Community Psychology, 14, 6–23.

Meyer, J.W., & Rowan, B. (1976). Institutional organizations: formal structure as myth and ceremony. American Journal of Sociology, 83, 340–363.

Nowell, B., & Boyd, N. M. (2014). Sense of community responsibility in community collaboratives: Advancing a theory of community as resource and responsibility. American Journal of Community Psychology, 54(3-4), 229-242.

Perry, J. (2000). Bringing Society In: Toward a theory of public-service motivation. Journal of Public Administration Research and Theory, 10(2), 471–488.

Pratt, M. W., Hunsberger, B., Pancer, M., & Alisat, S. (2003). A longitudinal analysis of personal values socialization: Correlates of a moral self-ideal in late adolescence. Social Development, 12, 563–585.

Schultz W. (1972). Philosopie  in der veränderten Welt. Fűnfter Teil: Verantwortung. Verlag Gűnther Neske, Pfullingen [trad. It.(1988). Le nuove vie della filosofia contemporanea, vol. 5, Responsabilità, Genova: Marietti]

Verplanken, B., & Holland, R. W. (2002). Motivated decision making: Effects of activation and self-centrality of values on choices and behavior. Journal of Personality and Social Psychology, 82, 434–447.

Weick, K., Sutcliffe, K., & Obstfed, D. (2005). Organizing and the process of sensemaking. Organization Science, 16(4), 409–421.

Wray-Lake, L., & Syvertsen, A. K. (2011). The developmental roots of social responsibility in childhood and adolescence. In C. A. Flanagan & B. D. Christens (Eds.), Youth civic development: Work at the cutting edge. New Directions for Child and Adolescent Development, 134, 11–25.

Zamperini A. (1998). Psicologia sociale della responsabilità. Torino: UTET.

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Un commento

  1. Le modalita di allocazione delle risorse sono ispirate alla prospettiva dell’investimento sociale in cui la spesa sociale rappresenta una forza produttiva e stabilizzatrice del ciclo economico. La spesa sociale diventa quindi una forza produttiva. Si superano le idee di un modello keynesiano, teso a correggere la carenza della domanda, e quelle di un modello neoliberale che ha dominato dagli anni ‘90, cercando di puntare sul sostegno dell’offerta attraverso interventi finalizzati a ridurre la presenza dello Stato in ambito economico. Come reperire le risorse indispensabili all’architettura del Welfare Responsabile Anzitutto bisogna sottolineare la necessaria azione di revisione della spesa attraverso una programmazione di tetti pluriennali di spesa. Inoltre il forte decentramento tipico delle materie oggetto di intervento porta a riconoscere l’importanza degli enti intermedi dello Stato, le Regioni. Questi enti periferici, in ragione della maggior vicinanza ai cittadini possono determinare una migliore allocazione delle risorse. L’unione di riforme strutturali e di rigore fiscale puo quindi rispondere al quesito di come reperire le risorse per costruire un WR. Nonostante questa proposta teorica convincente, l’Italia non rivela procedure snelle di messa in atto delle politiche richieste dai contesti e dai problemi. Gli organi esecutivi mostrano infatti bassa propensione nell’immaginare riforme strutturali condivise. La realizzazione del WR potrebbe quindi incontrare importanti ostacoli nel perseguire il bilanciamento tra la dimensione economica e quella sociale.

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